Notizie non incoraggianti per molte famiglie, il bonus mamma non sarà erogato fino a marzo. Quali sono le motivazioni di queste decisione.
Tra le prestazioni e misure che hanno subito una rimodulazione con le recente legge di bilancio 2025 cioè il cosiddetto bonus mamma. Si tratta in realtà non di un vero e proprio bonus, ma di un parziale esonero dei contributi previdenziali dipendenti e autonome con almeno due figli con il più piccolo sotto i dieci anni di età.
Sono escluse dall’agevolazione le lavoratrici senza o figli con uno, le lavoratrici domestiche, le quelle disoccupate e le autonome in regime forfettario. Altra novità introdotta quest’anno per ottenere la decontribuzione è la soglia di reddito imponibile di 40mila euro, oltre i quali il bonus non è riconosciuto. La quota di decontribuzione inoltre non è ancora nota, in attesa di un decreto interministeriale che fissi e chiarisca la questione.
La notizia riguarda però un altro aspetto che finora non era emerso nel dibattuto sulla misura. Il bonus attualmente è in un fase di stallo, in attesa appunto che siano definiti tutti i dettagli operativi, la portata dell’esonero e le procedura per la richiesta del bonus stesso.
Questo significa che per il momento la decontribuzione non sarà applicata e le buste paga, per chi ne fruisce, saranno più leggere. Questa situazione si prolungherà almeno fino a marzo, anche se il decreto dovrebbe essere pubblicato entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio. I dicasteri interessati sono il Ministero dell’Economia e della Finanze e il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Nel dettaglio il decreto dovrà indicare l’entità dell’esonero contributivo, le modalità di riconoscimento della prestazione e tutto l’iter per il rispetto del limite di spesa complessivo. Quindi fino all’entrata in vigore del decreto interministeriale, il bonus mamma resta fermo. Ricordiamo che lo scorso anno l’esonero contributivo era totale per le lavoratrici aventi diritto e non esistevano limiti di reddito per la richiesta.
Questa misura resta ferma anche se nella proposta iniziale c’era il tentativo di allargare la platea delle aventi diritto, ma con delle restrizioni che escludono altre categorie di lavoratrici. Esistono poi dei dubbi sulla reale efficacia della misura. Considerando che l’aumento dell’imponibile IRPEF, derivante dalla somma in più con la decontribuzione in busta paga, determina un’IRPEF maggiore da pagare.
Effetto simile sull’ISEE, con l’incidenza dell’imponibile IRPEF più alto e di conseguenza Indicatore economico più elevato, che produce il rischio di riduzione dei sostegni economici ottenuti. Insomma un provvedimento non ancora operativo e già terreno di accesa discussione.
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