Esistono dei limiti al di sotto dei quali il pignoramento risulta essere illegittimo: quali sono e cosa bisogna sapere in merito.
Uno dei timori più grandi dei contribuenti che hanno contratto un debito è quello legato al pignoramento, provvedimento di espropriazione forzata che può essere applicato su un immobile, un conto corrente, lo stipendio o la pensione del debitore.
Esistono dei limiti, come previsto dal decreto legge numero 69 del 2013, al di sotto dei quali il pignoramento risulta essere illegittimo, così come quello previsto per la prima casa. In questi determinati casi, dunque, il Fisco non può agire pignorando i beni del contribuente, considerato al pari di un nullatenente, nonostante il mancato pagamento del debito.
Pignoramento, i limiti imposti dalla legge per immobili, stipendio e pensioni
Per garantire una vita dignitosa al contribuente che ha contratto un debito, la legge ha fissato dei limiti al di sotto dei quali il pignoramento viene considerato illegittimo. Nonostante le somme a credito, dunque, il Fisco in questi casi non potrà agire con l’espropriazione forzata, così come accade per la prima casa che non può essere oggetto di provvedimenti di pignoramento del Fisco (se non considerata di lusso), ma pignorata solo se il debito contratto è di natura privata, dunque, con banche, finanziarie o privati cittadini.
È necessario fare una premessa, i limiti in questione variano in base al bene che dovrebbe essere pignorato. Partendo dagli immobili, l’esecuzione forzata è illegittima se il debito non supera i 120mila euro, soglia stabilita anche per la rateizzazione del debito, e se il valore complessivo del patrimonio immobiliare del debitore non supera i 120mila euro. In questi casi il Fisco potrebbe procedere con un’ipoteca sugli immobili del debitore che può essere cancellata saldando una parte del debito e portando il suo ammontare sotto i 20mila euro.
Passando allo stipendio, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può pignorare la busta paga seguendo le specifiche disposizioni:
- per stipendi non oltre i 2.500 euro, il pignoramento può essere di massimo un decimo sul netto;
- per stipendi compresi tra 2.501 euro e 5mila euro, il pignoramento può essere di massimo un settimo sul netto;
- per stipendi oltre i 5mila euro, il pignoramento può essere di massimo un quinto sul netto.
In questi casi, è bene sottolineare che se è in corso un pignoramento da parte dello stesso fisco sullo stipendio, il secondo non può divenire operativo finché non verrà saldato completamente il primo debito. Se, invece, il secondo pignoramento riguarda un creditore diverso dal Fisco, i due provvedimenti possono concorrere contemporaneamente, ma potrà essere “aggredita” una somma non oltre la metà dello stipendio.
Infine, per i pignoramenti sulla pensione esistono altri limiti. La soglia viene calcolata moltiplicando per due l’importo dell’assegno sociale mensile, aggiornato annualmente dall’Inps, ma senza poter scendere mai sotto i mille euro. Per il 2025, l’assegno sociale è pari a 538,68 euro, dunque, il limite stabilito per il pignoramento è 1.077,36 euro. Per gli assegni oltre la soglia appena indicata, il provvedimento deve rispettare le stesse indicazioni valide per lo stipendio e elencate sopra.