Shein e Temu finiscono nei guai grossi: attenzione se ci fai shopping

Shein e Temu, aziende cinesi attive nel settore del fast fashion, finiscono nei guai: i consumatori devono fare attenzione.

Da tempo le testate internazionali si sono concentrare su quanto accade “dietro le quinte” dei principali marchi di fast fashion. Le analisi dei filamenti dei capi di abbigliamento hanno rilevato la presenza di una serie di sostanze tossiche. Ipotesi confermata anche da alcuni consumatori che hanno riscontrato l’insorgenza di eczemi, sfoghi epidermici e gravi infezioni.

Logo Shein ed immagine di scatoloni
Shein e Temu finiscono nei guai grossi: attenzione se ci fai shopping – credit: Instagram @sheinofficial – uilcalecce.it

Si è poi discusso riguardo lo sfruttamento della manodopera, soprattutto successivamente alla diffusione delle immagini che ritraevano i dipendenti stesi a terra, esausti e circondati da scatoloni e prodotti di vendita. Nonostante questo, aziende come Shein e Temu sono sopravvissute alle innumerevoli inchieste giornalistiche e all’attenzione dei principali vertici europei e statunitensi.

Molti hanno giustificato la loro adesione al fast fashion sostenendo che gli stessi marchi come Zara, Bershka e molti altri vendano – in realtà – i medesimi prodotti di Shein e Temu. Il fast fashion nasce, dopotutto, in risposta all’inflazione e al conseguente rincaro esponenziale dei prezzi su tutti i campi di consumo. Dall’energia, fino ad arrivare appunto all’industria tessile e farmaceutica.

Ed ecco dunque che moltissime persone hanno scelto di acquistare moltissimi vestiti e prodotti make-up ad un prezzo stracciato. Ora però la problematica si estende alla sicurezza del consumatore, per cui è opportuno riservare un occhio di riguardo a quanto scoperto nelle ultime settimane.

Temu, Shein e molte altre aziende cinese nei guai: allarmismo tra i consumatori

I cittadini europei sono tutelati dal GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati), in vigore dal 2018 e volto a prevenire ingerenze da parte delle grandi aziende tecnologiche quali Meta, Apple, ma anche X, TikTok (dal 25 gennaio bannato negli USA) e molte altre. In nome delle rigide norme previste dal GDPR, l’organizzazione no-profit per la tutela della privacy NOYB (None of Your Business) ha segnalato la possibile violazione del regolamento da parte di sei aziende cinesi, tra cui Shein e Temu, ma anche AliExpress e Xiaomi.

Segnalazione violazione della privacy sul pc
Temu, Shein e molte altre aziende cinese nei guai: allarmismo tra i consumatori – foto: canva – uilcalecce.it

NOYB ha riscontrato il possibile trasferimento dei dati sensibili dei consumatori in Cina, chiedendo dunque la sospensione di tale ingerenza e una sanzione corrispondente al 4% del fatturato globale. Per il momento solo Xiaomi ha risposto alla denuncia dell’organizzazione no-profit: “Il rispetto della privacy degli utenti è sempre stato uno dei valori fondamentali di Xiaomi…collaboreremo pienamente con l’autorità per risolvere la questione”.

Si attende dunque l’intervento di un’autorità internazionale che prenda in esame quanto sostenuto dalla NOYB.

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