Mobbing: un fenomeno da debellare

Convegno Nazionale UIL CA

Hotel Hermitage – Galatina (Le)

16 giugno 2000

 

 

Relazione introduttiva di Duilio Gandolfi

Direzione Nazionale UIL C.A.

 

Q

uesto Convegno, organizzato dalla UIL Credito Esattorie e Assicurazioni Nazionale, dalla Segreteria Provinciale UIL Credito Esattorie e Assicurazioni di Lecce e dalla Camera Sindacale Provinciale UIL di Lecce, tratterà un argomento di stringente attualità e di notevole importanza, non solo nell'ambito del mondo lavorativo, ma anche in una più ampia dimensione sociale.

 

E' una sindrome, infatti, quella devastante del Mobbing, di cui già soffrono, soltanto in Italia, un milione e mezzo di persone.

In Europa ne è colpito l'8,1% dei lavoratori ovvero, ne patiscono gli effetti, solo nel nostro Continente, quasi 12 milioni di soggetti.

Come promotori di questo incontro odierno, cercheremo di fornire spunti che possano essere propedeutici agli interventi che si succederanno, proponendoci, in questo modo, di offrire un'occasione per esprimersi anche a coloro che subiscono o hanno subito forme di aggressione morale o maltrattamenti, nell'ambito dell'attività lavorativa.

 

Oggi, qui a Lecce, abbiamo il compito di mettere insieme proposte ed esortazioni che si possano trasformare in atteggiamenti positivi, utili all'individuazione di iniziative sempre più efficaci, da attuare contro il fenomeno della violenza psicofisica, purtroppo applicata, sempre più frequentemente, da datori di lavoro, da superiori gerarchici o da semplici colleghi, nei confronti di soggetti in qualche modo "scomodi", con il lucido obiettivo di sfiancarli fino a comprometterne l'equilibrio complessivo ed arrivare, nei casi più lievi -si fa per dire- alla loro emarginazione, nei casi più gravi, anche alla loro autoesclusione, attraverso l'induzione alle dimissioni forzate dal posto di lavoro.

 

Con l'aiuto qualificato degli ospiti che ci onorano della loro presenza, abbiamo il dovere di mantenere l'impegno che, come Organizzazione Sindacale, ci siamo da tempo assunto, di informare cioè, e sensibilizzare l'opinione pubblica, sulla gravità del problema, per far riconoscere il Mobbing, in qualunque ambiente lavorativo esso si annidi, per favorire gli interventi di tutela, possibilmente prima che le molestie psicologiche abbiano prodotto danni, spesso irreversibili.

 

L'errore che comunque noi, oggi, non possiamo permetterci di commettere, è quello di sviluppare questo tema, favorendo la sensazione che, ogni volta che se ne parla, lo si faccia come se si trattasse di un fenomeno nuovo, ancora tutto da spiegare e da comprendere, come se, ogni volta, si dovesse sempre ricominciare tutto, più o meno, daccapo.

 

Ecco, questo errore, non possiamo permetterci di commetterlo.

 

Dobbiamo evitare il rischio che si possa determinare in chi ci ascolterà, un senso di incertezza, intorno alle nostre osservazioni, la formazione dell'idea errata che, sui nostri ragionamenti, aldilà dei buoni intenti e degli sforzi reali che si stanno compiendo, non si riescano a realizzare, nei fatti, significativi passi in avanti, si stenti cioè ad entrare in una concreta dimensione operativa.

 

Ci si areni, in sostanza, nelle secche del non sapere quale cosa fare e come farla per condurre la sfida che, con risolutezza, abbiamo ufficialmente lanciato ad ogni forma di abuso che venga attuata nei luoghi di lavoro, schierandoci in modo obiettivo, ma determinato, dalla parte di chi subisce, qualunque sia il suo ruolo e la sua collocazione all'interno delle gerarchie aziendali.

 

Correre il rischio di ingenerare dubbi circa la nostra capacità di saper organizzare e condurre una partita tanto delicata come questa, tutto sommato era comprensibile fino a qualche tempo fa, quando si tracciavano progetti di intervento, in maniera molto generica ed indefinita, quando parecchi di noi, rassegnavano la loro scarsa, se non addirittura inesistente, conoscenza della materia.

 

Oggi, contribuire a favorire perplessità in chi ci segue con fiducia ed interesse, non è più giustificabile, perché con il patrimonio di buone idee e di persone motivate, sin qui acquisito, siamo già in grado di guardare più avanti, andare oltre le definizioni sul Mobbing. Siamo già nella condizione di saper convogliare e gestire, queste problematiche; in grado, ormai, di fornire delle prime, concrete risposte, ai bisogni di molte lavoratrici e molti lavoratori che, a causa di forme più o meno subdole di violenza e di aggressività esercitate nei loro confronti, si sono trovati catapultati, dall'oggi al domani, da una dimensione lavorativa, magari non eccezionalmente gratificante, ma comunque di ordinaria e legittima normalità, ad un'altra, totalmente rivoluzionata, distruttiva per il loro equilibrio psico-fisico e per quello delle persone che erano loro accanto.

 

Se non fossimo convinti di poterci proporre in questo modo, come soggetti quindi, all'altezza della situazione, vorrebbe dire che stiamo commettendo un errore di valutazione molto grave, perché di passi in avanti infatti, su questa materia, tutti insieme, ne stiamo compiendo tanti e anche molto significativi.

 

Questi concetti vogliamo esprimerli con sempre maggiore forza per riuscire a diventare, per coloro che spesso sono disperati -e ce ne sono tanti- a causa delle sofferenze generate da fenomeni di Mobbing, dei solidi punti di riferimento, in grado di fornire risposte adeguate alle loro necessità ed alle loro urgenze.

 

Quei punti di riferimento, in assenza dei quali coloro che subiscono discriminazioni o molestie, spesso scelgono di tacere la propria condizione, temendo di aggravare, ancora di più, le cose che li riguardano, finendo spesso per colpevolizzarsi e ritenersi causa e non vittime delle angherie altrui nei loro confronti.

Autoescludendosi socialmente, sentendosi emarginati e soprattutto soli a dover combattere battaglie, il più delle volte già perse in partenza e contro nemici spesso invisibili.

 

Di cammino ne dobbiamo fare ancora molto, prima di arrivare al traguardo ambizioso di contribuire a costruire una nuova e giusta cultura del benessere nei luoghi di lavoro, ma possiamo affermare con convinzione piena che chi è in difficoltà oggi, non fosse altro perché se ne sta parlando così tanto ed in tanti, deve avere la certezza di non essere più da solo.

Deve avere la consapevolezza che, al suo fianco, c'è qualcuno disponibile ad ascoltarlo, disponibile a verificare con lui se ci sono le condizioni per condurre una lotta, insieme, per far valere diritti negati o calpestati.

 

Oggi, siamo molto, molto più avanti rispetto al momento in cui abbiamo incominciato a tracciare i primi timidi approcci con questa materia.

 

Basti citare l'importante contributo alla costruzione di un percorso di intervento legislativo che è stato dato e continua ad essere dato dagli Onorevoli Benvenuto e Pistone, i quali abbracciando in modo convinto la nostra stessa causa, hanno elaborato e quindi presentato alla Camera, il 30 Settembre 1999, insieme ai loro colleghi Ciani e Repetto, un'ottima Proposta di Legge, avente come oggetto, appunto, le: "Disposizioni a tutela dei lavoratori dalla violenza e dalla persecuzione psicologica".

E ancora, l'altrettanto importante contributo dato da un gruppo di 11 Senatori, che ha introdotto questa materia anche in Senato - primo firmatario il Sen. Giancarlo Tapparo - determinando, per la prima volta, attraverso un altro Disegno di Legge, presentato nell'Ottobre del '99, la necessità di discutere su un argomento, quello delle persecuzioni psicologiche nei luoghi di lavoro, considerato fino ad allora troppo spesso e a torto, secondario rispetto ad altre problematiche.

E questo tanto per ricordare solo le ultime due, in ordine cronologico, delle quattro proposte di legge sul Mobbing, sin qui presentate in Parlamento.

 

Basti citare la causa promossa da una settantina di dipendenti dell'ILVA di Taranto, dalla UIL della Puglia e dalla locale Camera Sindacale Provinciale UIL di Taranto, costituitesi parte civile, per contrastare le iniziative, messe in atto dalla proprietà, con il preciso scopo di costringere i lavoratori in questione alle dimissioni forzate, impedendo loro, nei fatti, un corretto e regolare svolgimento delle mansioni attraverso il confinamento in una fatiscente struttura, isolata dal corpo centrale dello stabilimento, la famigerata palazzina L.A.F., formata da uffici spogli, privi di attrezzature e collegamenti esterni, nella più totale assenza di disposizioni e senza funzioni, con la costrizione a non svolgere, seppur regolarmente stipendiati, alcun tipo di attività lavorativa, con la progressiva messa in atto di condizioni di emarginazione fisica e psicologica e di demansionamento.

E questo per un anno e mezzo.

Sono cose che possono far perdere il lume della ragione, anche alle persone più equilibrate.

Se non è Mobbing questo…

 

Basti citare ancora, le sentenze che, per la prima volta hanno introdotto nelle loro motivazioni, in modo chiaro ed inequivocabile, il termine Mobbing, ad iniziativa di Pretori che hanno condannato incauti datori di lavoro, a pagare, spesso anche con congrui risarcimenti, lavoratori che, avendo subito con carattere sistematico soprusi od arbitri, nell'ambito del loro rapporto lavorativo, avevano fatto ricorso alla Magistratura, per ottenere quanto dovutogli, in termini di giustizia e di risarcimento dei danni morali e materiali subiti.

 

Basti citare infine, l'impegno sempre più crescente e qualificato degli organi di informazione che stanno dedicando ampio spazio a questo delicato tema, contribuendo a mantenere viva l'attenzione su di esso.

E' di qualche giorno fa la notizia del Convegno promosso dalla F.N.S.I. per ragionare sulle violenze perpetrate nelle redazioni ed annunciare il lancio di un'indagine conoscitiva nella categoria dei giornalisti per capire qual'è la portata del fenomeno che sta mietendo vittime anche nel settore dei media.

 

L'elenco delle cose sin qui fatte od avvenute, potrebbe ancora continuare, citando i numerosi Convegni e Seminari che sono stati promossi con successo di pubblico e di critica in tutta Italia; citando il varo di inchieste attivate con lo scopo di valutare, qualitativamente e quantitativamente l'entità dei fenomeni e dei fattori che maggiormente determinano il Mobbing; l'istituzione, da parte del Sindacato, di centri di ascolto, già molto diffusi nella nostra Organizzazione, gestiti da esperti, per fornire consulenza ed assistenza contrattuale, legale e psicologica, sulle problematiche legate al fenomeno delle violenze nell'ambito lavorativo; citando il fatto che, ancora una volta, per la prima volta, come per le sentenze richiamate in precedenza, il termine Mobbing è entrato a far parte delle piattaforme rivendicative elaborate per il rinnovo di alcuni Contratti di Lavoro AziendalI e Nazionali di Categoria, con l'inserimento di precise richieste finalizzate a creare veri e propri osservatori anti sopruso, precise norme di garanzia e di tutela, codici di condotta, sanzioni disciplinari a carico di chi commette illeciti nell'ambito delle corrette relazioni interpersonali all'interno delle aziende, chiamando in causa, con riferimento al codice civile, le responsabilità che il datore di lavoro ha, nella tutela dell'integrità non solo fisica, ma anche  morale dei propri dipendenti.

 

Tutto quanto sin qui elencato, dimostra che siamo ampiamente sulla buona strada, ma evidentemente non basta ancora.

 

Dobbiamo continuare a parlarne, come faremo oggi, nel corso di questa giornata, con l'obiettivo di consolidare quanto sin qui acquisito e di far crescere la sensibilità culturale collettiva su queste tematiche.

 

Non possiamo infatti illuderci che questo argomento tanto delicato ed importante, nonostante se ne stia discutendo ormai da tempo, sia diventato patrimonio collettivo.

 

Non possiamo infatti illuderci che tutti sappiano che il fenomeno esiste, che tutti sappiano dargli una precisa connotazione.

 

Dobbiamo quindi sviluppare ancora di più il confronto delle idee, non soltanto con riferimento al mondo del lavoro, ma alla società tutta.

 

Le forme depressive dovute al Mobbing recano, infatti, un danno socio-economico rilevante, quindi intervenire su questo problema non è solo necessario per ragioni etiche, di giustizia e di correttezza nella gestione delle relazioni umane, ma anche di opportunità economica, sia per il buon funzionamento delle aziende, sia per contenere i costi sociali e sanitari, sia anche, per accrescere la coesione sociale.

 

Occorre ancora che ci si chieda e si intervenga per capire come mai i disegni di legge già citati, presentati diversi mesi orsono, giacciano in Parlamento e non abbiano ancora trovato spazio per la loro discussione in Aula e per la conseguente ed auspicata loro trasformazione in Legge dello Stato.

 

Occorre ancora che tutti i soggetti che possono svolgere un ruolo attivo in queste vicende: partiti politici, magistratura, legislatore, sindacato, datori di lavoro illuminati, medici, legali, psicoterapeuti, si impegnino, ognuno nel proprio ruolo e con le proprie specificità, per fare uscire definitivamente allo scoperto le contraddizioni legate ad un fenomeno tanto sotterraneo, quanto distruttivo come è quello del Mobbing.

Occorre ancora socializzare le esperienze sin qui fatte come Sindacato.

Sindacato tutto, Confederale e non, perché seppur ci si trovi in un momento in cui si possono rappresentare visioni diverse circa le strategie da adottare per gestire le problematiche che investono il mondo del lavoro, su argomenti tanto vitali e significativi, come quello della violenza psicologica, esercitata negli ambiti professionali, il Sindacato deve dare il meglio di sé, deve fare barriera in modo compatto, non deve avere la benchè minima esitazione di fronte al fatto di dover combattere in modo univoco, attraverso la contrattazione di nuovi strumenti di garanzia e di tutela, una battaglia tanto articolata e difficile.

 

Ricercare strategie sindacali unitarie sarà sicuramente più faticoso, perché un più ampio scenario di confronto, comporterà un maggior dispendio di energie per arrivare alla sintesi delle varie posizioni, ma alla fine, il fronte sarà più solido e compatto per contrastare questo insidiosissimo nemico.

 

Purtroppo su questo aspetto siamo molto in ritardo.

C'è ancora chi, sull'argomento, non ha assunto posizioni chiare su che cosa intende fare, dimenticando che, per questioni come queste, non ci sono bandiere da sventolare, non ci sono marchi di fabbrica da vantare, non ci sono tatticismi che ci possano rendere più o meno popolari agli occhi dei lavoratori.

 

Su una partita come questa, si tratta semplicemente di darsi da fare per fornire una sponda di attracco a centinaia di migliaia di persone che si sono trovate o si trovano o si potrebbero trovare in situazioni di disagio prima, di vero e proprio dramma poi, a causa di lucide strategie messe in atto nei loro confronti con il preciso scopo di emarginarle, fino a farle arrivare, nelle ipotesi più estreme alle dimissioni forzate dal lavoro o al suicidio.

 

A quest'ultimo drammatico proposito è bene non dimenticarsi che è stato calcolato che in Svezia le cause di suicidio vedono il Mobbing come elemento scatenante su oltre il 15% dei casi.

 

Non crediamo comunque che ci sia una volontà, precostituita che porti il Sindacato ad essere ancora diviso su queste tematiche, ma solo il fatto che, a oggi, ancora manchi un momento centralizzato di coordinamento unitario delle idee e degli obiettivi che si vogliono perseguire, cosa che auspichiamo possa trovare spunti per la sua costituzione, a partire anche da momenti come quello di oggi, qui, nel territorio leccese.

 

Per fare ciò è fondamentale che si possa dare vita ad una grande iniziativa culturale all'interno di tutto il movimento sindacale, perché da troppo tempo ormai, condizionati dalle grandi trasformazioni in atto nel Paese e nel mondo intero, abbiamo ridotto la nostra tensione su ciò che rappresenta forse la ragione stessa dell'esistenza del Sindacato, la tutela cioè dei bisogni fondamentali e concreti della gente che abbiamo il compito di rappresentare.

 

A conclusione di questo nostro contributo, vogliamo precisare che non abbiamo inteso avere la pretesa di insegnare qualcosa, ma solo il desiderio di suggerire a chi ci ha ascoltato, alcune considerazioni che speriamo possano risultare utili a stimolare un dibattito che ci auguriamo possa essere proficuo per tutti.

 

Ci piace riportare, in chiusura, la stessa frase con la quale abbiamo terminato la nostra relazione introduttiva al Convegno da noi promosso, sullo stesso argomento, a Torino, il 28 febbraio di quest'anno, e cioè che tutto quanto è stato detto si colloca nella nostra visione di una vita più pacifica, più civile, qualitativamente migliore. Una visione certamente condivisa da tutti voi.

 

 

 

 

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